lunedì 31 ottobre 2011



METEOCLIMA DEL 31 OTTOBRE 2011
La settimana appena trascorsa è certamente da dimenticare a causa dell'ultimo disastro ambientale causato da una violenta perturbazione su Liguria e Toscana. Purtroppo non è finita, ci attendono anche per la settimana entrante altre nubi procellose cariche di pioggia. E' tempo suo, è tempo autunnale, questo è certo, ma a differenza del passato ora i temporali di una volta si trasformano in alcuni casi in vere e proprie tempeste tropicali. Quest'impatto violento con piogge "monsoniche" trova un territorio fragile, in parte urbanizzato, con aree boschive in parte andate a fuoco durante i mesi più caldi, con interi costoni di montagne e colline pronti a franare a valle. Questo è il vero problema, il territorio italiano non ha le "carte in regola" per affrontare questa nuova situazione meteoclimatica. E allora? Bisogna prendere atto di quanto fin qui detto ed intervenire in merito. Ma in questa grave crisi economica e finanziaria globale, abbiamo le risorse per analizzare, studiare e trovare soluzioni per evitare altri disastri? A questo punto pensiamo che non ci resta di invocare il buon Dio perché tenga lontani dal nostro Paese fronti "monsonici" e tempeste tropicali.

PREVISIONI DAL 31/10 AL 6/11
La nuova settimana si aprirà con una tregua al centro nord e, quindi, cielo variabile tendente al sereno, ma con possibili formazioni di nebbia su gran parte della Valle Padana. Sull'estremo sud e sulle due principali isole invece a causa di una  leggera depressione nord africana il tempo sarà instabile con qualche rasserenamento ma anche con piogge estese. Le temperature saranno gradevoli, di qualche grado oltre le medie stagionali. A partire dalla sera del 2 novembre però entrerà nel nostro Paese una consistente perturbazione atlantica che investirà, a partire da giovedì 3, gran parte delle regioni del nord e del centro. Successivamente la perturbazione interesserà anche le altre regioni del sud. Per venerdì 4 novembre avremo venti di Scirocco sull'Adriatico e, quindi, un deciso peggioramento del tempo anche sul versante Adriatico. Maltempo forte al Nord con rovesci e temporali violenti specie tra Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto e Friuli. Piogge e temporali forti anche sulle regioni tirreniche, diffuse anche al Sud. Nevicate sulle Alpi a 1700/1900 m. 
Nuovo stato di allerta per possibili piogge "tropicali" su Piemonte, Liguria, Lombardia e Triveneto. Non meglio la situazione su Toscana, Lazio e Campania. Anche su Calabria e Sicilia orientale sono attese altre piogge, ma con minore intensità rispetto al centro nord.
Dopo il 5 novembre la situazione dovrebbe cambiare con venti che spireranno dai quadranti settentrionali, abbassando le temperature e spazzando via, soprattutto al nord, le ultime nuvole. I mari ovviamente saranno da mossi ad agitati.
***************************
NOTIZIE DALL'ITALIA E DAL MONDO
IL DISSESTO IDROGEOLOGICO ITALIANO
Un telenovela che dura da più di un secolo
di Ennio La Malfa
Le innumerevoli frane che la settimana trascorsa hanno interessato gran parte della Liguria di levante e parte del nord della Toscana, non sono eventi eccezionali e circoscritti che non si ripeteranno più, purtroppo non è così! E questo non solo climatologi e scienziati dell'atmosfera lo sanno, ma ora comincia a saperlo anche la gente comune.
Il generale dissesto idrogeologico che caratterizza tutta l’Italia, l’abusivismo, il voler costruire ovunque senza criteri e senza conoscenze geologiche del territorio, i disboscamenti e, non ultimi, i cambiamenti climatici che scatenano fenomeni meteorologici estremi, sono elementi che non ci danno sicurezza nel prossimo futuro. La nostra è una storia vecchia, di un’Italia scassata, ma soprattutto corrotta e mafiosa, di un Paese più da terzo mondo che europeo.  Dal famoso disastro dell’autunno 1966 di Firenze a quello di Sarno del 1998 e fino ai giorni nostri con un lungo elenco di vittime, nonostante leggi specifiche, finanziamenti per mettere in sicurezza zone a rischio, ecc., ecc., gran poco si è fatto. In molti comuni italiani si è continuato a speculare senza ritegno sull’ambiente naturale. Si è continuato a cementificare anche dove non si sarebbe dovuto fare. Tecnici, politici e amministratori locali e in molti casi regionali, hanno consentito di far aprire cave dove non si doveva, tagliare boschi lungo pendici di montagne instabili, far costruire case lungo letti di fiumi e di antiche fiumare e, infine, chiudere tutti e due gli occhi su abusivismo e quant’altro. Poi, quando accadono disastri come quelli di Messina, della Liguria dello scorso anno e della Lunigiana di oggi, tutti  piangono e cercano i colpevoli, maledicendo la natura cattiva.
Certamente una parte della colpa è dovuta al fenomeno della tropicalizzazione del Mediterraneo che estremizza molti fenomeni meteorologici, ma un'altra colpa è anche di chi ci amministra, che non ha mai voluto ascoltare gli appelli dal mondo della scienza. Colpe quindi all'insensibilità, al pressappochismo e all'incoscienza di chi, dai ministeri, dalle regioni, fino alle amministrazioni provinciali e comunali, avrebbe dovuto prevedere e prevenire. Responsabilità accertate di chi ci amministra è vero, ma se scendiamo più nei dettagli la colpa è anche di molti di noi, di noi cittadini italiani, la cui forma mentis resta sempre quella di “fregare lo Stato”, di prevaricare gli altri, di cercare scorciatoie per arricchirsi. Sono pochi i cittadini italiani, a differenza di quelli europei, che hanno il senso della cosa pubblica, del bene collettivo, del rispetto dell’ambiente. Purtroppo dal Nord al Sud, più si scende e più dobbiamo constatare che agli interessi collettivi prevale sempre uno sproporzionato interesse personale o, al massimo, della propria tribù (famiglia). Lo vediamo in mille esempi, dall’agricoltore che con i propri veleni inquina le acque e il territorio circostante, incurante dei danni alla salute alle persone confinanti, ai camorristi e mafiosi che raccolgono i veleni da tutt’Europa e poi li sotterrano in Campania oppure li fanno affondare nel mar Tirreno,  ai piromani che per il loro gusto di vedere il fuoco distruggono in estate centinaia di ettari di foreste, ai palazzinari che continuano a deturpare i nostri paesaggi e che, se potessero, costruirebbero le loro case anche in fondo al mare, agli abusivisti che cercano sempre di eludere le leggi costruendo case e casupole nei boschi, lungo le spiagge, nelle periferie delle città, il tutto sperando in qualche condono.  Gli esempi potrebbero continuare ancora e ancora. Certo leggi e azioni di repressione da parte degli organi di polizia esistono, ma non bastano …. È la consapevolezza civile di ogni persona, che conta, la consapevolezza di essere    ( o credersi) non un piccolo dio in Terra, ma una parte della società, della natura, una cellula di un unico organismo. Solo quando questa realtà si impossesserà di ognuno di noi, quando avremo capito che esistono limiti e rispetto per le altre persone e per la natura in genere, solo allora avremo raggiunto quel grado di civiltà e di maturità che potrà evitare altri disastri annunciati. Purtroppo, stando agli ultimi esempi, ci vorranno ancora molti anni prima di raggiungere il livello di un popolo maturo.
*******************
LA PIOGGIA SI ALLONTANA DALLA FASCIA EQUATORIALE
La fascia caratterizzata dalla formazione di nubi che portano temporali e tanta pioggia, conosciuta come fronte intertropicale e che abbraccia la Terra in prossimità dell’equatore, si sta spostando sempre più a nord, alla velocità di circa 3 Km l’anno. Lo ha dimostrato uno studio condotto da scienziati dell’università di Washington, guidati dal prof. Julian Sachs.
Lo studio ha analizzato un periodo di circa 500 anni prendendo come campione alcune isole del Pacifico situate nella fascia tropicale. Dai dati raccolti si è constatato che più di tre secoli fa il fronte tropicale, con le sue caratteristiche e abbondanti piogge, fosse in corrispondenza dell’equatore. Le Galapagos, ad esempio, tra il 1420 e il 1850 avevano un clima più umido, mentre ora sono diventate terre aride.
Se questo trend continuerà, conclude lo studio, molte popolazioni che vivono lungo questa fascia tropicale in futuro potrebbero avere seri problemi di approvvigionamento acqua.
UN’ EUROPA POPOLATA DA VECCHI
L'altro giorno si è festeggiato il 7 miliardesimo essere nato su questo pianeta. Un bambino asiatico. Tuttavia non è così perché il censimento delle popolazioni in Africa e in gran parte del Sudest asiatico è molto approssimativo e quasi sempre in difetto. Si pensa invece che la soglia dei 7 miliardi di abitanti sulla Terra sia stata raggiunta già due anni fa. Ma mentre l'Asia e l'Africa e a ruota l'America Latina crescono di numero, l'Europa, la vecchia Europa diminuisce di numero di abitanti.
La popolazione europea invecchia. Attualmente 18,2 milioni di abitanti hanno superato gli 80 anni, il 4% di tutta la popolazione europea. Un numero destinato a crescere, visto che l’Eurostat prevede che entro il 2014 ci saranno oltre 21 milioni di ultraottantenni, il 5,3% della popolazione.
Tra i motivi che hanno portato all’invecchiamento della popolazione c’è la riduzione delle nascite, e l’ Italia in questo detiene il primato. Solo il fattore immigrazione, in piccola parte, rallenta la rarefazione del popolo europeo. Le famiglie che provengono soprattutto dai Paesi arabi sono molto prolifiche. Di questo passo nel 2050 i musulmani in Europa saranno un considerevole numero rispetto ai cristiani, forse 1/3 dell’intera popolazione europea.
NUOVO ALLARME: L'Effetto serra trasforma le foreste: da serbatoi a fonti di CO2
 

Il ruolo chiave delle foreste come serbatoi di CO2 rischia di essere molto ridimensionato, o addirittura annullato, dall’innalzamento della temperatura che dovrebbe invece aiutare ad evitare. E questo a causa di uno stress eccessivo, che rischia di decimare le foreste del pianeta.
L’allarme arriva da un rapporto dell’International Union of Forest Research Organizations (IUFRO) presentato ufficialmente al Forum on Forests delle Nazioni Unite (UNFF).
Lo studio “Adaptation of Forests and People to Climate Change  A Global Assessment è stato coordinato dallo IUFRO attraverso la Collaborative Partnership on Forests (CPF), un’alleanza di 14 organizzazioni internazionali che conducono programmi sulle foreste.
Realizzato da 35 tra i migliori scienziati al mondo delle foreste, fornisce la prima analisi dettagliata sulla capacità delle foreste di adattarsi ai cambiamenti climatici e sul loro ruolo per mitigarli.
Risto Seppälä, docente dell'Istituto finlandese di ricerche forestali (Metla), sintetizza così una delle conclusioni più sorprendenti dello studio: -"Spesso pensiamo alle foreste come un freno all'effetto serra, invece nei prossimi decenni, i danni causati loro dai cambiamenti climatici potrebbero ottenere l’effetto inverso inducendo le foreste a rilasciare grandi quantità di CO2 e creando una situazione in cui invece di rallentare accelereranno i cambiamenti climatici."-
Oggi anche se la deforestazione è responsabile di circa il 20 per cento dei gas serra liberati nell’atmosfera, gli alberi riescono ad assorbire più anidride carbonica di quanta ne sprigionino. Le foreste trattengono oltre un quarto di tutte le emissioni prodotte dall'uomo.
Ma, secondo i ricercatori, questa funzione regolatrice della CO2 potrebbe scomparire del tutto con un aumento della temperatura pari già a 2,5 gradi. Un ulteriore incremento delle temperature avrà invece come conseguenza la distruzione delle piante a causa della siccità e dalla maggiore vulnerabilità ai parassiti, il che finirà per fare aumentare ancora la concentrazione di gas serra nell’atmosfera. E di conseguenza il global warming.
Gli scienziati si augurano che questo argomento faccia parte delle discussioni che dovranno portare a nuovi accordi globali sul clima, alla prossima conferenza di Rio de Janeiro di giugno 2012.
*******************
Etanolo: il rovescio della medaglia
Da anni il Brasile, ma da qualche tempo anche gli Stati Uniti, hanno sottratto alla produzione di alimenti per l’uomo, migliaia e migliaia di ettari di terre fertili per produrre la cosiddetta benzina verde dal mais. Ora si scopre che l’eccessivo uso di fertilizzanti e fitofarmaci chimici per le monocolture di mais sta salinizzando i terreni e in alcuni casi li sta avviando verso la completa sterilità. La prova inconfutabile si trova già  nel Golfo del Messico dove molte aree prima fertili sono diventate deserto. Ma i ricercatori dell’Università del Minnesota, in un recente studio da loro pubblicato su Environmental Science and Technology, hanno anche fatto notare che la produzione di etanolo accelera il fenomeno dell’effetto serra per l’alta emissione di biossido di azoto, un gas serra rilasciato dai batteri che prosperano nelle coltivazioni forzate di mais molto ricche di azoto. Non solo, ma si è evidenziato un problema tenuto nascosto fino a poco fa ai mass media di tutto il mondo dagli industriali che producono la benzina verde: Per produrre un litro di biocombustibile possono servire oltre 2.000 litri di acqua: una quantità tre volte maggiore del previsto, uno schiaffo morale e non solo al problema della carenza d’acqua nel pianeta. In conclusione i ricercatori  del Minesota hanno detto: “ Il rischio è che, alla fine, l’energia generata dall’etanolo sia minore di quella necessaria per produrlo”.
La batteria ad aria che vive 10 volte di più
Gli scienziati inglesi hanno messo a punto una batteria rivoluzionaria capace di durare 10 volte di più delle attuali. Sono pile a celle ad aria. La cella chiamata STAIR  messa a punto dai ricercatori inglesi, che sta alla base della nuova batteria, funziona ricaricandosi grazie a un nuovo componente costituito da un elettrodo di carbone. Il carbone poroso contenuto nella cella STAIR «ruba» l’ossigeno catturandolo dall’aria intorno a sé, e continuando a «cibarsi» di energia anche quando il vento non soffia, o il sole non splende più. Per questo motivo tale cella è una speranza anche nel settore delle energie rinnovabili, riuscendo oltretutto ad accumulare più energia anche con pile della stessa dimensione – e poi supera i problemi legati alle singole energie alternative, come la mancanza di vento o di energia solare per ricaricarsi. In commercio dovrebbe entrare a breve, tra due o tre anni.
Lo schema della pila allo studio. L'ossigeno è catturato dall'aria e reagisce con l'elettordo di carbonio poroso (Engineering and Physical Sciences Research Council)
Lo schema della pila allo studio. L'ossigeno è catturato dall'aria e reagisce con l'elettordo di carbonio poroso
(Engineering and Physical Sciences Research Council)









*********************
Questo servizio è stato curato da Accademia KRONOS nazionale con la collaborazione di: Ennio La Malfa, Filippo Mariani e Pietro Ricciardi.
Questo servizio viene proposto ogni lunedì mattina nel sito dell'Associazione: www.accademiakronos.it nella voce "SOS CLIMA"; nonché inviato gratuitamente ogni domenica a giornali, riviste e istituti universitari accreditati.
Accademia Kronos: 0761.093080 - ak@accademiakronos.it

Nessun commento:

Posta un commento