giovedì 20 gennaio 2011

Washington Post Nichi Vendola, l’uomo che qualcuno in Italia chiama l’Obama italiano’.

Il quotidiano Usa: Governatore comunista inatteso rivale di Berlusconi
‘Nichi Vendola, l’uomo che qualcuno in Italia chiama l’Obama italiano’.
E’ il titolo del lungo profilo, a tutta pagina, che il Washington dedica al governatore della Puglia. L’articolo, ad opera di uno dei suoi inviati di punta, Jason Horowitz, e’ richiamato in prima pagina del dorso ‘Style’.
Accanto alla foto di Michelle Obama in rosso alla cena con Hu Jintao, compare l’immagine di Vendola avvolto in una sciarpona viola. Accanto, il titolo del richiamo e’ ‘Putting the boot to Berlusconi’, un gioco di parole che indica letteralmente ‘dare un calcio a Berlusconi’, ma anche ‘prendere lo ’stivale’ e quindi l’Italia dalle mani di Berlusconi’. Sottotitolo: ‘Un governatore comunista diventa l’inatteso rivale del leader italiano ancora in trincea’.
‘Molti italiani frustrati dal governo – scrive Horowitz – sperano in questo poeta comunista cattolico e gay. E incredibilmente, Vendola e’ nelle condizioni di poter diventare il prossimo presidente del Consiglio. La sua ascesa, da governatore della Puglia a fenomeno nazionale, ha coinciso con quello che sembra il crescente declino di Berlusconi’.
Poi cita una frase del leader di Sel: ‘Siamo nella sala d’aspetto. Vedo nel pancione dell’Italia la creatura dell’alternativa che e’ pronta per nascere. E io come un ostetrico voglio aiutarla a vedere la luce’.
Infine racconta di aver vissuto con Vendola il giorno dei gravi incidenti che hanno sconvolto Roma. ‘Quando ci siamo avvicinati a Palazzo Chigi, Vendola mi ha detto: ‘Il peggio dell’Italia e’ dentro quel Palazzo, la parte migliore e’ fuori’.
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Sel Agorà chiede una sala d'aspetto alla stazione di Cerveteri

Il Circolo Territoriale di Sinistra Ecologia e Libertà “Agorà”, costituitosi il 22 settembre u.s. con l’intento di proporre “ la buona politica” come indicato dal nostro Presidente Nazionale Nichi Vendola,  scende in piazza accanto ai cittadini a difesa dei loro fabbisogni ed aspettative. Ci siamo attivati sin da subito alla ricerca di azioni politiche a supporto delle istanze a favore dei residenti  di Cerveteri: il Direttivo del Circolo, riunitosi ad inizio anno, ha voluto affrontare tematiche diverse, dando priorità  al settore della mobilità e più esattamente ai  trasferimenti  viari da e verso  la capitale, argomento di estrema importanza per alleviare e facilitare l’attuale pendolarismo verso Roma.  La città di Cerveteri, essendo situata a nord della capitale, riceve ogni anno una forte  immigrazione pari a mille - millecinquecento persone che scelgono il nostro comune come residenza e che inevitabilmente pongono in crisi la viabilità, interna ed esterna alla città. Tutto ciò, potrebbe essere risolto con una programmazione a medio e lungo termine, ma siamo coscienti che la politica viaria si inserisce in un quadro programmatico nazionale e regionale:  di conseguenza la competenza e le scelte politiche riguardano sfere più alte. E tuttavia gli spostamenti dei cittadini che usufruiscono della tratta delle Ferrovie dello Stato per raggiungere la capitale, oltre a soffrire spesso di vari disservizi (quali ritardi dei treni, carrozze inadeguate, mancanza di aria condizionata, riscaldamento inefficiente ed altro ancora), sono carenti anche di un elemento veramente banale: una sala d’attesa a Cerenova. La specifica  richiesta che vorremmo fare tramite raccolta firme è infatti direttamente collegata a lenire il disagio d’attesa del treno in arrivo o, peggio, in ritardo. Siamo certi che una raccolta firme per ottenere anche questo servizio sia una richiesta ovvia, decorosa e funzionale  per la stazione di Cerenova. Il corpo della petizione includerà inoltre anche la richiesta di bus navetta di collegamento con la città e zone limitrofe, coincidenti con la partenza dei treni mattutini e serali. Siamo convinti che  l’attenzione su questa tematica sarà positiva al raggiungimento di un risultato concreto. Prossimamente sarà diramato a mezzo stampa il calendario d’intervento e verrà impiantato un gazebo nel piazzale prospiciente la stazione di Cerenova per la richiesta  ai cittadini delle  firme necessarie all’ottenimento di una sala d’attesa funzionale.
Il Coordinatore
Roberto Giardina      

Nieri e Zaratti incontrano la Fiom

La Segreteria Regionale di Sinistra Ecologia Libertà e i Consiglieri Luigi Nieri e Filiberto Zaratti hanno incontrato questa mattina il Segretario Regionale della Fiom Lazio Canio Calitri.
 Gli esponenti regionali del Partito di Nichi Vendola, nell’esprimere vicinanza e sostegno alle operaie e agli operai della Fiom impegnati in queste settimane nella difficile vertenza sull’accordo Fiat, hanno raccolto le criticità  presenti nella fabbrica Fiat di Cassino e più in generale in tutte le aziende metalmeccaniche presenti sul territorio Laziale.
Canio Calitri, nel ringraziare Sinistra Ecologia Libertà per l’incontro, ha sottolineato come si consideri ancora aperta la battaglia sull’accordo separato, che ha visto la Fiom impegnata ad opporsi al ricatto dell’accordo di Mirafiori e per evitare che gli stessi contenuti si estendano ad altre realtà territoriali a partire dalla Fiat di Cassino e del suo indotto.

Il risultato del voto di Mirafiori testimonia come la metà degli operai interessati alle modifiche peggiorative del contratto nazionale siano determinati nel proseguire la lotta per la riconquista del contratto nazionale.

Altro argomento di discussione è stato il prossimo sciopero generale indetto dalla Fiom per il prossimo 28 gennaio e che nella nostra Regione vedrà a Cassino la sua manifestazione Regionale.

La delegazione di Sinistra Ecologia Libertà ha garantito il massimo appoggio e sostegno allo sciopero che si concretizzerà con un nutrita presenza di iscritti e simpatizzanti che raggiungeranno Cassino, attraverso pullman organizzati in partenza da tutta la Regione.

Roma, 19 gennaio 2011

venerdì 14 gennaio 2011

Acqua bene comune

                       Cerveteri per “L’acqua non si vende”

La Corte Costituzionale ha ammesso, proprio in questi giorni, due dei tre quesiti referendari proposti dai movimenti per l'acqua. Questo il primo passaggio importante della campagna nazionale referendaria “L’acqua non si vende” promossa dal Forum nazionale dei movimenti per l’acqua e numerose altre realtà, per raccogliere le firme necessarie ad abrogare tre norme di legge che dal 2006 ad oggi hanno portato alla progressiva privatizzazione del servizio idrico integrato (SII) in Italia.
Anche la città di Cerveteri ha contribuito alla campagna contro la privatizzazione dell’acqua attraverso una serie di iniziative proposte dal locale CPRN al quale l’Associazione Scuolambiente ha prontamente aderito. I Comitati per la difesa dell’acqua si sono infatti attivati fin dall’inizio con una serie di iniziative come incontri pubblici dibattiti e naturalmente la raccolta firme. Nel mese di settembre il Comune di Cerveteri, su sollecitazione del CPRN, aveva poi votato all’unanimità una mozione, presentata dal gruppo Sinistra Arcobaleno, che toccava i punti essenziali per il diritto all’acqua di tutti  e per sancire l’idea che l’acqua è un bene comune e inalienabile.
"Si ringraziano tutti i cittadini che hanno sostenuto il nostro impegno e tutti gli amici delle realtà associative  e politiche chi ci hanno affiancato nell'impegno a favore di tale battaglia.” Affermano soddisfatti i promotori del Comitato “ora resta il lavoro più grosso promuovere l'attenzione e l'interesse della cittadinanza verso il voto al referendum. Riuscire a completare il processo di cittadinanza attiva è il passo più importante che potrebbe sancire la vittoria dei movimenti per l'acqua pubblica. Forza gente...il cammino non e' finito!!"
 

Scuolambiente                                                                                                                        CPRN





                                                   

giovedì 13 gennaio 2011

Oggi e domani si svolgerà il previsto referendum sul nuovo accordo siglato dalla FIAT con CISL-UIL e UGL dello stabilimento di Mirafiori e respinto dalla FIOM. Ormai, al di la delle intenzioni delle parti in conflitto, l'esito della consultazione è destinato ad assumere un significato politico nazionale di importanza primaria nello scontro sociale sempre più duro che sta attraversando il paese. Marchionne ha trovato alleato in questa battagli il governo Berlusconi, che ieri si è espresso espicitamente inquesto senso, e, insperatamente, anche in api settori di quella che ama ancora rappresentarsi come l'"opposizione" e l'"alternativia"al governo di quest'ultimo(al riguardo può essere utile leggere la lettera di Veltroni in allegato. Al fianco della FIAT si è schierata non solo la sinistra critica e antagonista ma anche quell'ampio mondo politico e sociale da anni impegnato nella difesa dei valori della costituzione formale e materiale, dei diritti conquistati dai lavoratori negli anni '60 e '70 e del welfare (qui si seguito vi propongo l'ultimo intervento di Marco Revelli apparso su Il manifesto il 12 gennaio 2011. Credo, comunque, che la cosa più utile per capire può essere leggere direttamente il testo dell'accordo che vi invio in allegato dopo averlo estratto dal sito Eddyburg.
  
Marcello
La Costituente Fiat
«Come faccia uno come Eugenio Scalfari a scrivere che non si tratta di ricatto ma di semplice “alternativa” è difficile da capire».
In città si stanno moltiplicando i negozi con la vistosa insegna gialla «Compro oro». Erano pressoché sconosciuti fino a un paio di anni fa, ora crescono come funghi: appena un paio in centro, gli altri - decine - nelle ex barriere operaie, Borgo San Paolo, Barriera di Milano, Mirafiori sud... Acquistano tutto, anche le protesi dentarie. D'altra parte Torino ha fatto segnare nel 2010 il non invidiabile primato nella crescita dei pignoramenti di alloggi, con un +54,8% nei primi dieci mesi dell'anno rispetto al già duro 2009. E si calcola - sono dati impressionanti - che un 35-40% dei lavoratori metalmeccanici torinesi abbia fatto ricorso, nell'ultimo biennio, alla cessione del quinto dello stipendio, per pagare le rate in sospeso, o semplicemente per arrivare alla fine del mese.
È su questa Torino, su questo tessuto sociale allo stremo, che ha calato la scure del suo Diktat Sergio Marchionne, dall'alto del suo ponte di comando globale e dei suoi quattro milioni e mezzo di euro di stipendio annuo, quattrocentotrentacinque piani più sopra rispetto al reddito annuo di ognuno di quegli uomini e quelle donne che a Mirafiori - nel luogo in cui sono inchiodati per la vita o per la morte - dovranno domani votare se «arrendersi o perire». Più di novemila volte più in alto - una distanza stellare - se si considera anche il valore delle stock options accumulate, valutabili con un calcolo minimale intorno ai 100 milioni... Come faccia uno come Eugenio Scalfari a scrivere che non si tratta di ricatto ma di semplice «alternativa» è difficile da capire. Ma ancor più difficile da capire - loro non vivono come lui in un mondo rarefatto di letture e poteri - è come facciano a negarlo i sindacalisti che quell'accordo hanno siglato. E che non possono ignorare l'asimmetria abissale, il divario incolmabile che separa e distanzia le due parti contraenti segnando, appunto, la differenza tra un ricatto (a cui il destinatario non può sottrarsi senza rinunciare a una parte essenziale di sé), e un'alternativa, in cui in qualche modo la scelta è libera.
Ora è proprio in questo divario, in questa asimmetria assoluta che nella chiacchiera superficiale, politica e giornalistica, viene solitamente invocata per sostenere la necessità di accettare l'Accordo, la natura scandalosa dell'evento. Il fattore che rende quell'accettazione inaccettabile. E che sottrae la vicenda Fiat alla dimensione specifica di una «normale» vertenza sindacale per farne una questione etica e politica di rilevanza generale: un evento di natura «costituente». Perché quando in una società si crea un dislivello simile, quando le distanze tra parti sociali essenziali crescono a tal punto da costringerne una al silenzio e all'umiliazione, vengono meno le condizioni stesse di una normale vita democratica. Quando il principio di Uguaglianza viene a tal punto trasgredito, anche termini come Libertà e Giustizia perdono di significato, per assumere il volto tetro dell'arbitrio del più forte e dell'uso vessatorio delle regole.
Basta, d'altra parte, leggere le 78 cartelle in A4 della bozza di Accordo, diligentemente siglate pagina per pagina dalle parti contraenti, per rendersi conto della sproporzione tra le forze. Ognuna di esse trasuda, letteralmente, «asimmetria». A cominciare dalla «Clausola di responsabilità» che fa da preambolo, senza neppure uno straccio di accenno agli impegni assunti dall'Azienda per la realizzazione del «piano per il rilancio produttivo dello stabilimento di Mirafiori Plant», e invece minuziosamente precisa (direi minacciosa) nel sottolineare gli obblighi degli altri, con quelle due righe sul «carattere integrato dell'Accordo» per cui la trasgressione (collettiva o anche individuale) di uno solo degli impegni assunti costituirebbe un'infrazione grave, tale da fare decadere tutti i diritti acquisiti dalle organizzazioni sindacali contraenti... Per non parlare della procedura scelta dalla Fiat Group Automobiles per sfilarsi dall'accordo del '93 e dai vincoli del contratto nazionale dei metalmeccanici - per «far fuori» la Fiom! - con l'espediente della newco, in clamorosa violazione del dettato del nostro codice civile (art. 2112) in materia di «Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda» ... Come se, appunto, l'onnipotenza aziendale potesse prevalere su ogni normativa pubblica, nella stessa misura in cui le regole stipulate a livello d'impresa devono servire a null'altro che a sancire la volontà di potenza del vincitore.
Oppure si consideri il primo punto della «Regolamentazione per la Joint Venture», sull'Orario di lavoro. Dice che la proprietà potrà scegliere tra un ampio ventaglio di opzioni - «schemi» li chiamano - con una sorta di menu à la carte nel quale vengono ricombinate le vite dei lavoratori: 15 turni (8 ore su tre turni, mattino, pomeriggio e notte, per cinque giorni la settimana); oppure 18 turni (8 ore su tre turni per sei giorni la settimana, quindi compreso il sabato); oppure, ancora, in via sperimentale, 12 turni (ognuno di 10 ore giornaliere, due turni al giorno per sei giorni la settimana). Nei casi in cui l'orario settimanale superi le 40 ore, è previsto un recupero giornaliero la settimana successiva, ma esso è puramente teorico dal momento che l'Accordo prevede anche 120 ore di straordinario obbligatorio (aumentabili fino a 200), a disposizione dell'azienda che le potrà utilizzare per saturare in periodi di picco nella produzione anche i periodi di riposo infrasettimanale. Le pause, a loro volta, saranno ridotte da 40 a 30 minuti, tre per turno, in ognuna delle quali il lavoratore dovrà scegliere se andare in bagno, sedersi un attimo per prendere fiato o tentare di addentare uno sneck (dal momento che la pausa mensa potrà essere spostata a fine turno e lavorare otto ore in piedi senza soste e senza mettere nulla in corpo non è sopportabile). In compenso la riduzione delle pause sarà compensata con un controvalore di 32 euro al mese, circa un euro al giorno (più o meno quanto si dà a un lavavetri al semaforo).
Dentro questa griglia ci sono le vite di alcune migliaia di uomini e di donne. Ci sono centinaia e centinaia di famiglie, con la loro organizzazione spaziale e temporale, con la loro rete di relazioni, con le loro concrete esistenze. Ci sono, appunto, delle «persone»: c'è il loro «tempo di vita», divenuto una sostanza spalmabile a piacere dall'impresa sulle proprie catene di montaggio, tra i pori del proprio «tempo di saturazione» (quello che divide l'ora in 100.000 unità di tempo micronizzato, secondo i dettami della nuova «metrica del lavoro»), a seconda di ciò che comanderà, momento per momento, il mercato. E dobbiamo chiederci, a questo punto, quale concezione del mondo stia dietro a questa visione. Quale idea di uomo (di «persona umana») e di società ispiri un tale progetto. E se l'argomento «definitivo» - quello con cui si taglia ogni discorso, si mette a tacere ogni obiezione - della «globalizzazione» e dei suoi impersonali dogmi sia sufficiente a giustificare una tale macelleria sociale ed esistenziale.
Ecco perché la «sfida» lanciata da Marchionne non è una «questione privata». Non può cioè essere limitata al rapporto tra la Fiat e il «suoi» operai (e non dovrebbe essere affidata solo al voto «con la pistola puntata alla tempia», di quegli operai che non devono essere abbandonati a se stessi), ma riguarda tutti noi, in quanto cittadini. Riguarda l'orizzonte in cui ci troveremo a vivere nei prossimi anni. Non è uno strappo contingente alle regole. È uno tzunami, che scardina le basi stesse del sistema di relazioni industriali e, più in generale, del nostro ordine sociale e produttivo. L'hanno sottolineato i più autorevoli osservatori non vincolati da obblighi di carattere servile, da Carlo Galli (in un lucidissimo articolo su Repubblica) a Ulrich Beck, uno che di «società globale» se ne intende. Farebbero bene ad accorgersene anche i nostri «re tentenna» del partito democratico (quanto filisteismo c'è nel Fassino che dice «se fossi un operaio voterei sì»), e quanti pretendono di esercitare funzioni di rappresentanza.
Se dovessimo accreditare l'idea della globalizzazione che da quel «fatto compiuto» si manifesta - se dovessimo davvero attribuire a quel sistema impersonale di vincoli carattere d'inderogabilità e alle sue ricadute sui territori natura di nuova «costituzione materiale» - allora dovremmo rivedere tutti i nostri concetti portanti: di cittadinanza, di democrazia, di legittimazione e di diritto. Così come se dovessimo ritenere inaggirabile quell'ukase - se ai lavoratori non dovesse più rimanere altra alternativa che quella tra la perdita del posto o l'accettazione di una condizione esplicitamente servile del proprio lavoro, se il lavoro conservato dovesse rivelarsi irrimediabilmente incompatibile con diritti e dignità -, allora non ci resterebbe davvero che organizzare un esodo di massa, fuori dalle mura dentate delle fabbriche, lontano dallo stato di «salariato». Oltre, davvero oltre, la modernità che abbiamo conosciuto e che non era fatta di asservimento e subalternità (come vorrebbero i nostri «modernizzatori» tardivi), ma di conflitto e di diritti faticosamente contesi

presentazione del libro di Vendola a Roma

Presentazione del libro "Nichi Vendola. Riaprire la partita"

Interverranno:

Fabio MUSSI - Presidente della Presidenza Nazionale SEL
Marco FURFARO - Presidenza Nazionale SEL

Modera Maria Pia Pizzolante - portavoce SEL III Municipio

Mercoledì 19 gennaio - ore 18.00 - Libreria Rinascita, via Savoia 30. Roma
La relazione introduttiva e le conclusioni di Nichi Vendola, due riflessioni di Moni Ovadia e Lorella Zanardo, le foto di Mario Amura, e il manifesto di SEL.

Se riteniamo che la qualità della società in cui viviamo sia fondamentale per il nostro buon vivere, non possiamo non interrogarci sul nostro rapporto tra politica e felicità. Ma da dove cominciare? Siamo nel pieno di una crisi d'epoca, in cui non si può rintracciare un modello assoluto, un'ideologia, che plasmi la società a sua immagine. Le antiche costruzioni teoriche e pratiche della sinistra, in Italia e nel mondo, non rispondono più alle domande di senso presenti nella nostra società. Le risposte a questa crisi di senso si alternano tra populismo e tecnocrazia. La complessità è vissuta nella paura delle diversità, nell'abbandono dei pensieri lunghi, nel trionfo dell'anaffettività. "Riaprire la partita" e non "riaprire un partito", dunque, per ripensare alla passione politica come a una grande azione collettiva necessaria per cambiare il mondo. Attraverso le parole di Nichi Vendola e quelle del manifesto, proposte nel congresso fondativo di Sinistra ecologia libertà, riemerge l'urgenza di una nuova politica per un'alternativa di società, per restituire senso a un grande percorso di liberazione: del lavoro, dell'ambiente, dei saperi, ma anche delle parole e degli affetti. Una presenza inedita nel panorama politico contemporaneo, un libro pieno di suggestioni, una "narrazione" del cambiamento ripartendo dai vissuti, dalle speranze, dalle idee di uomini e donne che non hanno smesso di sognare la concretezza di "un'Italia migliore".